La Corte di Cassazione torna sul tema dell’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche, ritenendo nel caso di specie che ciò non implichi alcuna violazione di diritti fondamentali. Tuttavia, specifica che ciò deriva non da un principio astratto e sempre valido, bensì dalle concrete volontà emerse nell’ambito della comunità scolastica, a cui si dà dunque rilievo in tali casi.
Nello specifico, la Corte ritiene che “Deve escludersi che la presenza del simbolo, quando derivi da una richiesta degli studenti in quello spazio pubblico peculiare nel quale essi imparano a convivere insieme e a formarsi culturalmente, qualifichi ‘tirannicamente’ l’esercizio dell’attività che in esso svolge. Il Collegio rimarca, seguendo l’insegnamento della Grande Camera nel caso Lautsi, che il crocifisso appeso al muro di un’aula scolastica è un simbolo essenzialmente passivo, perché non implica da parte del potenziale destinatario del messaggio alcun atto, neppure implicitamente, di adesione ad esso. Nella sua fissità e nella sua dimensione statica, esso non pretende osservanza né riverenza. Parla soltanto a chi, credente o non credente, si pone rispetto ad esso in atteggiamento di volontario ascolto. L’esposizione del simbolo religioso non è un atto di propaganda. Non rappresenta uno strumento di proselitismo”.
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