Con la sentenza n. 41 del 2021, la Corte costituzionale si è pronunciata in merito a una particolare figura di giudici onorari, perciò nominati e non selezionati a seguito di pubblico concorso (e, quindi, non “togati”): i giudici ausiliari di appello, che, secondo le disposizioni del decreto legge n. 69 del 2013, godono dello status di componenti dei collegi delle sezioni della corte d’appello al pari dei magistrati professionali.
Il Giudice rimettente è la Corte di Cassazione, che osserva il contrasto delle disposizioni istitutive di questa nuova figura rispetto all’art. 106, comma secondo, della Costituzione, che stabilisce che i giudici onorari possono essere nominati solo per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli, mentre le corti d’appello giudicano sempre in composizione collegiale.
La Corte costituzionale ricostruisce la figura dei giudici onorari a partire dal 1865, nel corso del quale furino istituiti i ruoli del vice pretore onorario e del conciliatore, per spingersi fino ai giorni nostri e alle relative discipline dei magistrati onorari (giudice di pace, G.O.T., V.P.O.). Nel farlo, richiama la propria costante giurisprudenza secondo cui l’attribuzione a giudici onorari della funzione di giudice collegiale nei tribunali ordinari è ritenuta legittima nella giurisprudenza costituzionale solo se ricorrono esigenze temporanee o situazioni eccezionali e senza che ciò incida sullo status del magistrato.
Invece, i giudici ausiliari d’appello non sono riconducibili a figure di «giudici singoli», perché chiamati a esercitare la giurisdizione in composizione stabilmente collegiale, qual è la corte d’appello, e in giudizi di regola di secondo grado. Pertanto, la Corte costituzionale ritiene che tale figura sia incompatibile con il dettato costituzionale.
La parte più originale della decisione riguarda tuttavia la modulazione dei suoi effetti temporali, ispirata all’inedito principio – espressamente menzionato – della “temporanea tollerabilità costituzionale”.
Ritiene infatti la Corte che si pone “l’esigenza di tener conto dell’innegabile impatto complessivo che la decisione di illegittimità costituzionale è destinata ad avere sull’ordinamento giurisdizionale e sul funzionamento della giustizia nelle corti d’appello. L’apporto dei giudici ausiliari finora è stato significativo e apprezzato nelle relazioni dei Presidenti delle corti d’appello sullo stato della giustizia nei singoli distretti. (…) È di tutta evidenza che il venir meno di tale apporto recherebbe, nell’immediato, un grave pregiudizio all’amministrazione della giustizia, tanto più nella situazione attuale, che vede come urgente l’esigenza di riduzione dei tempi della giustizia, e quindi anche di quella civile, dove hanno operato e operano i giudici ausiliari presso le corti d’appello”.
Occorre allora che la declaratoria di illegittimità delle disposizioni censurate lasci al legislatore un sufficiente lasso di tempo che assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione della normativa costituzionale. Pertanto, allo scopo di evitare, nell’immediato, un pregiudizio all’amministrazione della giustizia, la Corte differisce gli effetti della propria decisione al 31 ottobre 2025 (termine contemplato dall’art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017 per il completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi). Nel frattempo, la violazione dell’art. 106 Cost. rimane – per così dire – sospesa in nome della già richiamata “temporanea tollerabilità costituzionale”.